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98 km - Dislivello 1.100mt

Cerignola - Melfi

Cerignola -

Melfi

Lunedì 08  Maggio 2023 98km Dislivello 1.100mt
Tappa adatta a: Ciclisti Intermedi

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CERIGNOLA

Panoramica

Due itinerari dell’antichità identificano il territorio di Cerignola fra le attuali Ordona e Canosa, ma il primo documento è del 1225. Feudo dei Caracciolo, Pignatelli, Egmont, fu teatro della battaglia del 28 aprile 1503 fra Francesi e Spagnoli. Ha dato i natali a Giuseppe
Pavoncelli, Giuseppe Di Vittorio, Nicola Zingarelli (padre del Vocabolario della Lingua italiana), Pasquale Bona. Cittadino onorario di Cerignola fu Pietro Mascagni che qui compose la celeberrima “Cavalleria rusticana”.

Il lago Capacciotti, offre un percorso di tipo sportivo-naturalistico al fine di suscitare l’interesse per lo sport e la cultura ecosostenibile. Mountainbike, Yoga, Trekking, corsa, passeggiate ecologiche e botaniche, camminate.
Cerignola è tappa della “Ciclovia dell’Ofanto” con quattro itinerari: “Dai monti dauni al profondo tavoliere”, “nel mosaico della Valle dell’Ofanto”, “Via della Ripa alta” e “La Via dei Normanni. Da Melfi a Torre Alemanna”.

Gastronomia

Cavatelli e rucola; cicatelli di grano arso; orecchiette e cime di rapa; torchi al ragù; cardoncelle e agnello; torcinelli; lambascioni fritti; peperoni ripieni; cucoli fritti; scaldatelli; olive “Bella di Cerignola”; carciofini sott’olio; pizza a sette sfoglie; cartellate con miele o vincotto; raffaiuoli; mostarda d’uva.

Bevande

Cerignola, a fine XX secolo, è stata fra i maggiori esportatori in Europa di vino per il tramitedelle famiglie Pavoncelli e La Rochefoucauld (presso l’attuale Torre Quarto); Rosso di Cerignola DOC; Nero di Troia; Negramaro; Mistella.

Punti di interesse

Piano delle fosse granarie; borgo medievale con la Chiesa Madre; Palazzo Reitani; Palazzo Coccia; Duomo Tonti; Teatro Mercadante; Chiesa di S. Maria delle Grazie; Santuario di Ripalta (a 10 km); Torre Alemanna (a 17 km); Lago Capacciotti (17 km).
Cerignola è inserita, inoltre, nel percorso della Via Appia e della Via Francigena.

MELFI

Panoramica

Melfi non è città dalla storia semplice, tutt’altro, ma è, soprattutto, una città con una bella storia.

Per dimensioni e popolazione Melfi è il terzo comune della Basilicata.

Si sviluppa ad una altitudine di 562 m.s.l.m., alle pendici del Monte Vulture (1327 m.s.l.m.).

Il suo esteso centro storico e la cinta muraria si sono sviluppati intorno al Castello Normanno Svevo edificato dai normanni, ricostruito da Federico II, dotato di nuove torri da Carlo I d’Angiò ed infine rimaneggiato dai Caracciolo e dai Doria.

Nel castello ha sede il Museo Nazionale Archeologico del Melfese “Massimo Pallottino” tra i più importanti e visitati del meridione.

Melfi è ricca di monumenti storici e di luoghi naturalistici che si possono apprezzare e vivere nella loro interezza e bellezza tra i quali spiccano:

Il Duomo, il campanile di Ruggiero II e l’Episcopio costituiscono un simbolo riconosciuto della città ed una forte attrazione turistica.

La Porta Venosina è una delle sei porte un tempo aperte nella cinta muraria di Melfi, così detta perché da essa partiva un’arteria che conduceva attraverso la via Appia a Venosa. Era da qui che Federico II faceva il suo ingresso in città.

I Laghi di Monticchio, due splendidi specchi d’acqua avvolti dai boschi della parte estrema del Monte Vulture.

Questo affascinante coacervo di monumenti e di bellezze fa da contraltare ad un’area industriale periferica di notevoli dimensioni nella quale hanno sede importanti aziende di livello mondiale tra cui Stellantis (ex Fiat) e Barilla etc.

Gastronomia

L’intero Vulture-Melfese è intimamente legato alla sua castagna che dal 1960 si festeggia a Melfi in tutte le sue mille declinazioni nell’attesissima Sagra della Varola, sicuramente tra i più importanti e seguiti appuntamenti gastronomici lucani. Si tratta di una tradizione che si ripete ogni anno nel penultimo weekend di ottobre. Qui i marroncini diventano gustose caldarroste cotte in un enorme recipiente bucherellato “la Varola”.

Il marroncino di Melfi è poi particolarmente apprezzato nella preparazione di dolci, confetture e liquori. La grossa pezzatura e la forma tondeggiante lo rendo ricercato per la produzione dei famosi marron glacé.

L’olio extravergine d’oliva Vulture DOP si ricava dalla spremitura a freddo delle olive autoctone di ottima qualità e da sempre alla base di ogni piatto. La qualità di oliva più diffusa è la Ogliarola del Vulture insieme alla Cima di Melfi.

Il Vulture Melfese è la culla del famoso Aglianico del Vulture vino di colore rosso rubino, ottenuto dai grappoli di Aglianico e certificato DOCG.

È uno tra i migliori vini italiani che per modalità di produzione e gusto è stato denominato il ‘Barolo del Sud’.

 

Specialità gastronimiche

Pancotto alla Melfitana: viene preparato con pane, patate e rape lessate insieme, condiditi nella stessa pentola con un soffritto di aglio olio e peperoncino.

Cucinidd: agnello cucinato con pancetta, salsiccia, pomodori, cardi e uova.

Maccuarnar: nome dialettale della maccoronara. Pasta fresca lunga preparata a mano con un mattarello in metallo.

I calzoncelli di Melfi sono il dolce tipico della cittadina federiciana. La ricetta é tramandata da generazioni: mandorle, cioccolato e zucchero formano un impasto a forma cilindrica di due o tre cm ricoperto da una friabile copertura di pasta frolla.

Punti d'interesse

Il DUOMO DI MELFI

Il Duomo è il vero cuore pulsante della città di Melfi ed è stato da poco recuperato nella facciata e dotato di una nuova illuminazione esterna.

Edificato nella sua struttura originaria nel 1055 sotto Roberto il Guiscardo ricevette il titolo di Sanata Maria Assunta benché non ancora completato.

L’interno è a tre navate divise da due file di colonne a base quadrata da cui prendono origine cinque archi. Il pavimento è in marmo e pietre dure montate a quadri romboidali.

Le navate laterali presentano un soffitto con volte a vela mentre la centrale ha un controsoffitto in cassettoni di legno dorato realizzato nel XVIII secolo dal vescovo Spinelli che vi fece apporre al centro il proprio stemma gentilizio.

Alle spalle dell’altare maggiore il presbiterio e un coro ligneo risalente al 1500. A sormontare il coro, un organo a canne del 1700.

 

IL CAMPANILE RUGGERO II

Dell’edificio normanno rimane il monumentale campanile, opera di Noslo de Remerio, voluto da Ruggero Il nel 1153. A pianta quacirata di 9,25 metri per lato; con i suoi tre piani e con la piramide terminale raggiunge circa 61 metri d’altezza e da lontano sembra un’immensa torre posta a guardia della città.

Sulla cornice del terzo piano Federico II fece apporre i merli ghibellini abbattuti dopo il 1851 per ordine del vescovo Sellitti.

Al di sopra del terzo piano, poggia un prisma ottagonale che funge da base ad una piramide che sostituisce l’originale cupoletta circolare tipica delle costruzioni normanno-arabe.

 

IL PALAZZO DEL VASCOVADO

Il Salone degli Stemmi dell’Episcopio di Melfi è certamente il luogo di più alto prestigio che la nostra città offre, per il semplice fatto che sulle sue pareti è narrata la storia, non soltanto religiosa, della Regio Vulturis di Bertauxiana memoria attraverso gli stemmi dei vescovi che l’hanno animata.

“L’Episcopio” con la sua lunga facciata, col grandioso cortile, con la maestosa scala, con le vastissime sale, colle adorne stanze va certo posto fra i primi del Regno, e forse, ancora non ha uguali.

Da ammirare l’ampio giardino recintato voluto dal vescovo Mario Rufino, il salone degli stemmi ideato dal vescovo Basta, la sala del trono, con le pareti affrescate, la fontana del tardo ‘700 che adorna il cortile interno e l’ampio scalone a forbice che ricorda i palazzi nobiliari napoletani.

All’interno i saloni ospitano oggi un’interessante pinacoteca ricca di paramenti sacri e di dipinti di soggetti religiosi e laici che vanno dalla scuola di Nicola da Tolentino attestato al secolo XV a opere di Cristiano Danona.

 

LA PORTA VENOSINA

Una delle sei porte un tempo aperte nella cinta muraria di Melfi, la Porta Venosina – così detta perché da essa partiva un’arteria che conduceva attraverso la via Appia a Venosa – è quella attraverso la quale Federico II faceva il suo ingresso in città.

Durante la festa della Pentecoste diventa teatro della rievocazione dello scontro avvenuto a Melfi, tra il 22.03.1528  e  l’11.05.1528, tra la Francia dei Re Capetingi e l’Impero Tedesco-Spagnolo di Carlo V.

 

Il CASTELLO NORMANNO SVEVO

La storia del Castello Normanno Svevo è legata alle imporatnti figure che si sono succedute nel corso dei secoli, edificato dai normanni, ricostruito da Federico II, dotato di nuove torri da Carlo I d’Angiò, rimaneggiato dai Caracciolo e dai Doria, anche se conserva l’aspetto di una fortezza, non rappresenta certo un esempio di architettura unitaria. Senza dubbio è il castello più noto della Basilicata ed uno dei più grandi del meridione. Costruito sulla sommità di un colle, protetto da un fossato, da uno spalto e da una cinta muraria, ha dieci torri di cui sette rettangolari e tre pentagonali.

Quattro sono gli ingressi di cui tre angioini. Superato il portone si entra nel Cortile Principale su cui si affacciano il palazzo baronale e la cappella gentilizia e subito dopo un’arcata che congiunge il palazzo alla chiesa si aprono il Cortile della Rimessa e quello della Cisterna e, tra la torre dell’Imperatore e la Torrita Parvula, il Cortile del Mortorio. Infine, fra la torre dell’Imperatore e il Baluardo del Leone la Piazza degli Armigeri. Alle due estremità anteriori del complesso centrale, incorporate nel fabbricato, si notano due torri quadrate, un’altra si trova nell’angolo opposto ma al presente non c’è più traccia. Di un certo valore architettonico sono la finestra della Sala del Trono, il motivo a bifora della torre di Marcangione, che ricorda la facciata della cattedrale di Termoli, e il capitello del bastione intorno a cui si snoda la scala a chiocciola posta fra la torre delle Carceri e la torre di Nord Est, capitello che ricorda quelli di Castel del Monte.

 

LA CHIESA RUPRESTRE DI SANTA MARGHERITA

Tra le chiese rupestri la più organica dal punto di vista strutturale è quella di SANTA MARGHERITA interamente scavata nel tufo, risalente al 1200. Scoperta da Gian Battista Guarini, è a una sola navata ed è affrescata su tutte le pareti tranne nelle cappelle vicine alla zona absidale.

Sono raffigurati l’arcangelo Michele, la Madonna con Bambino, S. Giovanni Battista, Cristo in Trono, S. Basilio, S. Nicola e, nella volta absidale, il Cristo Pantocratore.

Tra i personaggi appaiono nella cappella tre figure laiche in tenuta da falconieri.

Nel 1993 il napoletano, Raffaele Capaldo, ha sviluppato la tesi secondo cui i tre laici, sarebbero i componenti della famiglia imperiale sveva: Corrado, figlio di Federico II, l’imperatore e sua moglie Elisabetta d’Inghilterra, in tenuta da falconieri in quanto Federico “doveva essere riconosciuto dai popolani che frequentavano l’umile chiesetta ed erano abituati a vederlo in tenuta venatoria”.

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