Chiusura
Vedi tutti

Giro-E Tappa numero 7

09/02/2022

Non è mai troppo presto per un bicchiere di vino. Come non è mai troppo tardi per dare una svolta alla propria giornata. Crecchio, provincia di Chieti, città di partenza della tappa numero 7 del Giro-E 2021. Seduti a un tavolino di un locale di questo bel borgo medievale nell’entroterra, il giallo paglierino del Pecorino d’Abruzzo nel bicchiere, e negli occhi il ricordo di quel volto, impossibile da dimenticare.

Lui è Francesco Moser. Il prossimo 19 giugno compirà 70 anni e oggi si è vestito nuovamente da ciclista (con i colori del Team Banca Mediolanum), perché tra meno di un’ora inforcherà la sua Fantic a pedalata assistita e prenderà il via di questa tappa di 87,9 chilometri quasi interamente lungo la costiera adriatica; destinazione, la città di Termoli.

Il volto una ruga, come se il vento e non la vita lo avesse scolpito; come se fossero, quei segni sulla pelle, le mille mila strade che ha percorso nella sua carriera di corridore straordinario. E gli occhi. Gli occhi del campione, gli occhi di tutti i campioni. Che paiono impassibili, forse spenti, memori di situazioni così intense che l’oggi fatica a tenere loro testa.

Francesco Moser. Al Giro-E mancava: il campione dei campioni.

Dal 1973 all’88 Moser ha ottenuto 273 vittorie da professionista, diventando il ciclista italiano con il maggior numero di vittorie in carniere (Saronni, secondo, è a quota 193). A livello mondiale lo superano solo Eddy Merckx (426) e Rik Van Looy (379). Ha vinto un Giro d’Italia (1984), due Giri di Lombardia, una Milano-Sanremo, un campionato del mondo su pista (1976) e uno su strada (77), tre Parigi-Roubaix consecutivamente. Nel 1984 a Città del Messico ha conquistato il record dell’ora, che da 12 anni apparteneva a Eddy Merckx. È stato il primo a superare i 50 chilometri orari: 51,151. È sceso di sella nel 1988, salendo immediatamente sul piedistallo del mito.

 

La grandezza di un campione non è data dal numero delle vittorie, ma dal valore degli avversari: concordi?

“Sì. Io ho cominciato a gareggiare quando c’erano Merckx, Gimondi, Fuente, Motta, Bitossi. Assieme a me sono arrivati Battaglin, Baronchelli, poi Saronni, Hinault. All’estero c’erano Maertens, Pollentier, Thurau, tutti corridori che hanno fatto grandi vittorie. Thévenet, per dire, che ha vinto l’unico Tour che ho fatto io, è stato un corridore che comunque ha vinto due Tour de France, era uno che in salita andava forte. Tra gli scalatori spagnoli c’era questo Fuente, che quando decideva di partire, partiva e staccava tutti. Spesso ha spagliato i tempi, nelle sue imprese. Mi ricordo che al Giro d’Italia attaccava sulla prima salita e poi… Il tappone di Bassano, che venivamo dalle Cime di Lavaredo, l’anno che Merckx ha vinto il giro per dodici secondi su Baronchelli, Fuente ha attaccato sulla prima salita. L’abbiamo preso a tre chilometri dall’arrivo. Ha fatto tutta la tappa da solo. Bastava che partisse su un’altra salita e vinceva. Partiva sul Grappa, vinceva la tappa. Sicuro. Invece è andato in fuga tutto il giorno e l’abbiamo preso in fondo alla discesa del Grappa, a tre chilometri dall’arrivo. Era uno scalatore veramente potente, perché quando decideva di attaccare… Mi ricordo che ha vinto una tappa a Sorrento, dove io sono arrivato secondo battendo Merckx in volata, era una tappa di salite, non salitoni, però si faceva il Monte Faito, che era mille metri di dislivello, non era una passeggiata. Le corse erano quelle lì. Se decidi di correre, devi accettare tutti quelli che trovi sulla strada. Non puoi farne a meno. Se vuoi essere riconosciuto come un grande corridore devi confrontarti con i migliori e possibilmente batterli. Non era semplice, ma qualche volta ce l’ho fatta”.

 

Il ciclismo è fatica. È la sua bellezza e la sua condanna.

“Per fortuna la fatica si dimentica, perché si fa un po’ alla volta e quando vinci o le cose vanno bene te ne dimentichi. Però sai che il giorno dopo ti aspetta di nuovo di correre in salita o in pianura, di rincorrere gli altri o cercare di andare in fuga. Non mi ha mai fatto paura la fatica. Se fosse per la fatica correrei anche adesso”.

 

Una volta voi ciclisti eravate i beniamini del pubblico, come oggi i calciatori.

“Il ciclista ai tempi entrava più nel cuore della gente perché noi eravamo molto più vicini al pubblico. Oggi il corridore è quasi come una macchina, viene comandato dall’ammiraglia con le radioline. Nelle ammiraglie oggi hanno la televisione e vedono tutto quello che succede, perciò il corridore… non è come noi. Allora decidevamo noi. Quando arrivava la macchina le cose erano già successe, perché finché eri in fuga le macchine non potevano avvicinarci. Non potevano dirti via radio fermati, tira o non tira. Oggi è tutto cambiato. Noi dovevamo prendere delle decisioni immediate e non avevamo tanto tempo per farlo”.

 

Il passato può essere fonte di ispirazione?

“I giovani vivono nel tempo moderno della tecnologia e forse gli sembrano cose assurde. Dipende con che occhio uno lo guarda. È chiaro che non può guardare il nostro ciclismo per fare il ciclismo di oggi. Se fa le cose che facevamo noi non vince. Le gare hanno avuto una loro storia. Dal punto di vista della preparazione, dell’alimentazione, del modo di gestire le squadre il mondo è molto cambiato e non credo si possa prendere esempio dalle nostre corse per diventare un corridore. Anche se il ciclismo è uno sport difficile tuttora, con le salite, la Parigi-Roubaix, le strade, sono ancora così. Si fa più velocità, c’è più assistenza, i mezzi sono migliori, ma la differenza deve sempre farla in qualche maniera il ciclista. L’unico esempio che si può prendere delle nostre corse è il sacrificio, capire che correre in bici non è una passeggiata, devi dedicarti al cento per cento”.

 

Facciamo il gioco della torre: scegli tra Parigi-Roubaix, Giro d’Italia e record dell’ora.

“Tengo il Giro. È stata una cosa che ho inseguito per tanto tempo. Non è una corsa di un giorno, è una corsa di tre settimane, da costruire giorno per giorno. Comunque tre vittorie alla Roubaix non sono poche”.

 

Giro o Tour?

“Il Tour l’ho fatto una volta sola. Il Giro tredici volte. Secondo te quale mi è piaciuto di più?”.

Le maglie

  • Maglia Arancio – Leader Classifica Generale – Emika – E-Powers
  • Maglia Viola – Leader Classifica Sprint – Emika – E-Powers
  • Maglia Verde – Ride Green Leader Classifica Prova Speciale – Emika – E-Powers
  • Maglia Rossa – Leader Classifica Regolarità – Valsir
  • Maglia Gialla – Leader Classifica Master – Randstad eCycling
  • Maglia Bianca – Leader Classifica Giovani – Fly Cycling Team – CDI

Seguici
sui social
# giroe
top sponsor
official partners
official suppliers