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Andrea Abodi: il “mio” Giro

28/05/2023

Andrea Abodi: il “mio” Giro

A prendere il via della tappa numero 20 del Giro-E 2023 anche Andrea Abodi, Ministro per lo sport e per le politiche giovanili, che ha partecipato con i colori del team ITALIA.IT.

Stiamo iniziando a far comprendere e ad apprezzare il senso e l’utilità dell’interdisciplinarità dello sport, a partire da un evento principe come il Giro d’Italia, che considero un patrimonio nazionale”, ha detto il Ministro. “Lo sport, con il senso dell'impresa legata alla fatica e all'impegno quotidiano, il ‘viaggio’ che attraversa e promuove l'Italia in tutte le sue eccellenze, a partire da quelle ambientali e paesaggistiche, agroalimentari ed enogastronomiche, artistiche e culturali, ma anche la competizione che diventa occasione di incontro e diplomazia, disciplina indispensabile, tanto più di questi tempi, che lo sport sa valorizzare. E poi, il Giro in tutte le sue declinazioni: il Giro d’Italia classico, quello delle donne, altrettanto importante e lo sarà sempre di più in futuro, e quello Next Gen, dove in strada ci saranno i giovani talenti e i futuri campioni. Tutti rappresentano un pezzo di patrimonio nazionale perché raccontano non soltanto le gesta dei ciclisti o delle cicliste, ma anche la nostra Nazione, il suo fascino, le sue bellezze e le sue ricchezze, in gran parte uniche al mondo.

Facendo un salto nel passato, tra i miei ricordi d’infanzia, negli anni 60, c’era la bicicletta nei miei sogni. Oggi è più a portata di mano, ma allora si aspettava e si cresceva aspettando una bici, prima di averla, finalmente. Per quanto mi riguarda solo l’estate, ad Abbadia San Salvatore, sul Monte Amiata; io un po’ ‘vivace’ e mia mamma che, per punizione, me la chiudeva spesso nella legnaia di un minatore, il signor Agostino, che ci affittava la sua casetta .. e una bicicletta. Un giorno chiesi in prestito a un amichetto la sua, meravigliosa, con il manubrio da corsa, ero talmente emozionato per quella bicicletta ‘vera’ che sono sparito per quattro ore… su e giù senza avvertire stanchezza e perdendo il senso del tempo, per la disperazione di mia mamma e la preoccupazione del mio amico. Il tramonto mi ‘costrinse’ a tornare a casa.

In quegli anni giocavo con le biglie di plastica dei ciclisti e tifavo per Gianni Motta e poi Felice Gimondi. Ore e ore, che divertimento… con poco, perché a noi bastava poco per essere felici, bastava quel poco che avevamo e sembrava tanto, tutto. Il ciclismo era al suo apice e le gesta dei suoi eroi, i volti dei quali erano noti grazie alla televisione, affascinavano tutti.

Tornando velocemente ai giorni nostri, possiamo dire che il movimento ciclistico è in crescita così come la sua economia sociale e dobbiamo trarre spunto dal piacere della gente, di tanta gente, di salire in bicicletta. Un approccio che prima della crisi pandemica si stava probabilmente perdendo: non sottovalutiamo questa spinta di carattere sociale e popolare, perché vale quanto le medaglie, se non di più.

Oggi sono salito nuovamente in sella, con una bici moderna, ma con tanta emozione, perché sono stato sul percorso del Giro d’Italia, poche ore prima che i ciclisti veri spingessero al massimo sui loro pedali nel circuito romano che, se vogliamo, racchiude in sé caratteristiche degne delle ‘classiche’ del ciclismo: l’asfalto, certo, ma soprattutto il pavé. È stato un po’ come sentirsi uno di loro. Pedalare per le vie del centro di Roma, senza traffico e senza il caos di tutti i giorni, è stata un’occasione unica, perché ci ha fatto vivere la città in un modo diverso facendoci apprezzare cose che ormai nella frenesia del quotidiano non guardiamo più.

Per me è stata la prima esperienza diretta al Giro d’Italia, in quanto l’ho sempre vissuto guardandolo in televisione e lo ricordo piacevolmente anche grazie alla memoria del ‘Processo alla tappa’ magistralmente condotto da Sergio Zavoli, ma anche, più recentemente, dal caro amico Marino Bartoletti.

Il tempo passa, ma il mio spirito è sempre quello, semplice e sensibile, come l’anima pura del ciclismo”.

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